L'asserzione, tutta spirituale, di Alessandro Monti, si attesta nella sua appartata pregnanza
linguistica, quasi in un fluire lento, assorto, condotto, gentilmente per mano, nella fluviale
dispersione di un animo che contempla se stesso. Poi, passa all'osservazione analitica dell'altro,
del contiguo, predisponendosi, in tal modo, alla recezione di un sommesso brusio di quanto ci
circonda: ora terra, animale, ora traccia dissepolta di uomo. […]
Così, non a caso, tale ricerca, sottolinea certe contiguità con le aree di un linguaggio arcaico,
forme di vaga suggestione singlossica, che sarebbe piaciuta alla ricerca di Accame, simbologie
intrinseche per ogni esotratto, affinchè la stessa morfologia dei marchi, qui espressi, riconducano,
oggi, alle avvertite esigenze disposte tra la scrittura, oltre l'eco insonne della parola, della
raffigurazione.
Un approdo alla totemica lacerazione racconta l'attualità di questo percorso, ripristinando
sensazioni modulari già poste negli anni Ottanta, sulla carta, da Giorgio Bompadre, proprio
attraverso la grammatica della lacerazione visiva, qui, in aggiunta, della possibilità dinamica
mediata da epidermiche tattilità, rivolta anche ad una certa tensione amorosa, sensuale, colma,
però, di un vago inespresso dolore. […]
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