Biografia
Alessandro Monti
Nato a Torri in Sabina (Rieti) nel 1953, vive e lavora a Roma.
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Opera nell’ambito dell’arte visuale e si dedica a una ricerca in cui la materia, la composizione e la forma diventano protagoniste di una sintesi tra pittura e scultura.
Inizia l’attività espositiva nel 1983 con lavori d’ispirazione figurativa, caratterizzati da una singolare attenzione per la preparazione dei supporti.
Sperimenta, con lo sguardo rivolto all’informale, gli effetti della stratificazione della materia, che al tempo stesso accoglie il disegno e assorbe il colore.
Nella sua ricerca mantiene sempre una linea rigorosa di studio e di analisi sulle possibilità fornite dai materiali scelti: legni scolpiti, sabbie impastate, colori decantati, terre bruciate.
Prosegue il suo percorso presentando mostre e partecipando a rassegne in Italia e in Belgio. A Roma la galleria di Enrico Lombardi ospita nel 1992 una personale con la cura di Renzo Bertoni. Seguono le mostre allo Studio 71 di Palermo, a cura di Aldo Gerbino e alla Galleria Liehrmann di Liegi, a cura di Lucien Rama.
Nel 1996 è invitato a una prestigiosa rassegna dedicata all’Arte Italiana nel Museo di Flemalle (Be), dove viene presentata una selezione di opere dei maggiori artisti che operarono in Belgio tra il ’50 e il ’90 tra cui Baj, Ceccobelli, Fontana, Magnelli, Zorio. Anche la Galleria Liehrmann nel 1998 rende omaggio agli artisti italiani e Monti è ospite di una significativa collettiva, L’Art contemporain en Italie curata da Lucien Rama, che vede protagonisti, tra gli altri, Valerio Adami, Sandro Chia, Luigi Doni, Antonio Nocera.
S’intensifica la frequentazione con esponenti del panorama artistico della capitale con i quali instaura un rapporto di amicizia e di confronto. Salvatore Provino lo invita a presentare gli ultimi lavori nel proprio studio di Trastevere divenuto, in questo periodo, un animato salotto culturale dove s’incontrano, tra gli altri, il regista Carlo Lizzani, i pittori Franco Mulas, Turi Sottile, Lino Tardia, il gallerista Massimo Riposati.
Sul finire degli anni ’90 fa la sua comparsa il legno, che viene lavorato e assemblato con telai intelati. Successivamente elementi in legno s’inseriscono all’interno della tela, trafiggendo lo spazio bidimensionale e interrompendo la superficie tradizionale del quadro. Si delinea un interesse per l’oggetto–scultura nella sua forma primitiva che, privato dello scopo di uso quotidiano, restituisce la memoria “archeologica” del frammento: come recupero di manufatto o di possibile segno grafico.
Nelle opere presentate alla Galleria Studio 71 di Palermo nel 2004 Aldo Gerbino, nella presentazione, scrive che “[…] lo spazio appare decisamente trafitto, corroso da un’assonometria definita, quasi un voler restituire elementi plastici nel sollevamento della superficie, un incremento della forza del trasmettere”. E Vinny Scorsone, nel suo testo, ben evidenzia che “La pittura si è fatta scultura. La materia ha modellato se stessa, mentre il segno si è fatto costellazione, ideogramma. Le tracce sono emerse dalla sabbia […]”.
Alla Galleria Michelangelo di Civitavecchia nel 2005 espone Per corsi segnati, una selezione di opere nelle quali “[…] sembra teso a scoprire, a togliere materia, per portare alla luce tracce di un nostro passato remotissimo di primati dove fa rivivere orme, graffiti, segni tribali, codici simbolici […]”, che testimoniano la sua evoluzione artistica e ne esaltano la visionarietà arcaica, come afferma A. M. Sessa.
Dal 2006 inizia una mutazione nelle superfici, la plasticità della costruzione dei telai con l’alternarsi di pieni e vuoti, gli elementi aggettanti e le ritmiche estroflessioni della tela creano volumi variamente articolati; i piani si flettono, s’inarcano: è il periodo delle tele sagomate e centinate. Con l’utilizzo di calchi in tela, i segni–scrittura si trasformano in elementi plastici che aggettano o trafiggono i piani, dove si addensa e si solidifica il colore in sedimentazioni stratificate che mantengono memoria del percorso creativo.
I nuovi lavori, selezionati per la mostra Di segni e di terre e presentati alla Galleria Michelangelo di Roma nel 2008, “[…] hanno un sapore di matericità spessa e vibrante, ulteriormente avvalorato dall’inserzione di elementi di legno sagomato, levigato e trattato a tinte scure, talvolta contraddistinto da una sorta di eleganza musicale: vere e proprie sculture nelle sculture”, come scrive Carlo Fabrizio Carli nel testo.
La Fondazione La Verde–La Malfa, nel 2009, gli dedica una personale dal titolo “Tra le ombre e i silenzi”, dove è presente oltre ai dipinti anche una raccolta di opere su carta. Nel 2014 e 2015 è invitato alla rassegna internazionale Premio Sulmona. In occasione di Rome Art Week del 2016, nel suo studio presenta alcune opere di grandi dimensioni dedicate a Borges.